FOTOGRAFIA SMART: NON NE ABBIATE TIMORE


Sul fatto che la tecnologia sta evolvendo in maniera esponenziale ed i passi fatti negli ultimi dieci anni sono da emicrania siamo tutti d’accordo. No?

Questo a 360°, ma parlando di fotografia ci scontriamo quotidianamente con una domanda che oramai ha quasi sostituito la diatriba tra APS-C e FF.

“Può uno smartphone sostituire una fotocamera anche a livello professionale?”

Bypassando per un attimo i punti di vista, facciamo un’analisi veritiera di quello che sta succedendo nel mondo della fotografia grazie agli smartphone. Una volta letto tutto l’articolo potremo tranquillamente continuare a sostenere le nostre ipotesi personali, oppure rivalutare le nostre idee su questo mezzo che ha reso ancora più viva la fotografia (al contrario di quello che in alcuni ambienti limitati si sostiene).

Cronologicamente la globalizzazione raggiunta dalla smartphotography è partita nel 2009 (non che prima non si acquisissero immagini con gli smartphone), quando nacque Hipstamatic, una app che permetteva di modificare tramite dei filtri le immagini acquisite, rendendole molto più creative. Il linguaggio della fotografia smart iniziava a muoversi non solo per raccontare dei momenti di vita quotidiana ma iniziava ad avere un carattere.

Dopo meno di un anno, Joel Sternfeld pubblica un lavoro realizzato interamente con un iPhone, dal titolo IDUBAI. Lavoro che divenne immediatamente un libro e la sua mostra girò tantissimo. Il primo esempio quindi non solo di acquisizione ma anche di stampa di un prodotto realizzato con uno smartphone.

A cascata l’Agenzia fotografica Magnum Photo (l’agenzia fotogiornalistica creta dal Bresson, Capa, Seymur e Rodger) ha introdotto nel suo organico (precisamente il 2 giugno del 2013) il fotografo Michael Christopher Brown. Un fotografo che ha deciso di affidare la sua visione professionale ad uno smartphone.

Ma potremo fare tanti altri nomi di professionisti che hanno abbandonato migliaia di euro in attrezzatura decidendo di non dare peso al mezzo ma puntare al contenuto delle immagini. Anche se non si tratta solo di una scelta fisica, ma di un approccio differente partendo proprio dalla sua filosofia.
La cosa interessante è invece lo sviluppo che si è avuto anche da un punto di vista divulgativo.

Intagram è una di queste realtà. Il social network delle immagini, nominato nel 2015 il secondo social network al mondo per numero di iscritti, diventa anche un canale professionale dove i fotografi realizzano veri e propri portfolio per rendersi visibili, oppure rendono disponibili servizi acquistabili. Si tratta del primo forse in ordine di tempo.

Uno dei fotografi più fortunati utilizzando il social Instagram è stato di sicuro Devin Allen che ha fatto diventare un suo post una copertina del TIME. Ma siamo già nel 2015 qui. Già la Smart Photography ha sconfinato e rotto tutte le barriere piazzandosi ai vertici per numero di immagini acquisite rispetto alle “normali” fotocamere.

Nascono delle vere e proprie agenzie di settore. Una in Italia: PICWANT. Apparentemente in tutto e per tutto un’agenzia fotogiornalistica, suddivisa in servizi e immagini di stock, solo che acquisisce contenuti solo ed esclusivamente se provengono da Smartphone.
Per poter lottare contro il muro della diffidenza ha anche realizzato una mostra fotografica, stampando su carta cotone le immagini di contributors (sia immagini singole che interi servizi) dimostrando così che le immagini di smartphone possono andare oltre un display.
In caso foste curiosi, la mostra PICKERS FROM THE WORLD potete vederla presso la Galleria Polifemo di Milano (Fabbrica del Vapore), fino al 12 febbraio 2016.

C’è un concorso fotografico internazionale, che ha appena decretato i vincitori del 2015, con anche premi economici di tutto rispetto. Hanno creato una scuola di fotografia da smartphone. Sembra quasi essere diventato un business.

Per approfondire tutto questo ed avere anche altre indicazioni sul mondo della smart photography c’è un bellissimo libro con contenuti sicuramente più dettagliati e precisi di questo articolo che vi consiglio di leggere: iREVOLUTION di Irene Alison (edito da Postcart).
Un modo ulteriore per poter avere un punto di vista più aperto nei confronti dei cellulari che fanno foto.

La fotografia smart si pone nei confronti di chi la realizza come un “senza filtro”. Alzare la mano ed acquisire un’immagine è solo un atto che non ha bisogno di mettere in gioco anche dinamiche tecniche di settaggio. Settaggio che diventerebbe appunto un filtro tra chi decide di riprendere e la scena scelta.

Ma allora: se esiste tutto questo traffico, questi professionisti, questo mercato, queste informazioni, cosa ci ferma ancora? Cosa non fa sdoganare del tutto lo smartphone e farlo diventare uno strumento riconosciuto da tutti?
Del resto con lo smartphone non si fanno solo selfie.

(l’immagine introduttiva dell’articolo è stata scattata con un’iPhone6s)

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