SI FA PRESTO A DIRE “STREET”


E di immagini classificate in questa categoria ne veicolano molte, troppe ed altrettanto troppe sono quelle che in realtà street non sono.

Street Photography: questa sconosciuta.

Bisogna iniziare a scavare nella storia di questo genere per capirne le radici e definirne le linee guida e quindi fare in modo che non ci arrivi una mazzata da chi ne capisce con un “ma questa non è street”.

La street photography nasce a seguito della straight photography (“fotografia diretta”) che fu un movimento fotografico in netta contrapposizione al pittorialismo. I troviamo nella prima metà del ‘900. Parliamo degli anni 30 all’incirca. La nascita del 35mm, di movimenti culturali che mescolavano varie diramazioni facendole convivere in modo apparentemente confuso, in seguito poi la beat generation sono i segni distintivi del genere.

Nasce dalla volontà di andare in strada e fotografare tutto ciò che era stato tralasciato fino ad allora. Scene di vita quotidiana che hanno la caratteristica di essere raccontare con un solo scatto. Luoghi dove succede qualcosa.

Ma che cosa è? Una semplice foto scattata in strada? Non solo, nella maniera più assoluta.

Jazz Hands - Eric Kim
Immagine di Eric Kim

È una immagine che da sola – comprendendo il soggetto e la scena in eguale importanza – racconta qualcosa che sta accadendo, in quell’istante. E la sua forza sarà quella di raccontare ai posteri cosa accadeva (e come) in un determinato periodo storico.
Caratteristica fondamentale di questo genere è l’utilizzo del mezzo facendo in modo che il fotografo sia all’interno della scena, facendone percepire quasi l’odore, ma non inquinando la scena. Ecco perché da sempre si utilizzano obiettivi molto corti (storicamente i maestri del genere non sono mai andati oltre il 35mm). Si può utilizzare anche un’ottica grandangolare o quella definita “normale” ma in concetto sarà sicuramente più debole.

Iniziate quindi a diffidare di chi vi dice che pratica street photography con zoommoni e ottiche medio tele. Stare comodi in poltrona senza essere visti non è fare street. È un’altra cosa.
Certo, lo stile di Bruce Gilden no deve essere l’unico da tenere in considerazione, con la sua invadenza (attuale) e la presenza bulimica dove il soggetto è quasi aggredito. Piccola curiosità: per chi conosce l’autore sa che non è sempre stato così come lo si vede nell’immagine sottostante, ne tantomeno lo è in modo costante.

Bruce Gilden mentre è all'opera
Bruce Gilden “in azione” nel suo periodo invasivo

Ciò che accade, la luce, la figura umana, prendono in sopravvento sulla composizione (attenzione, non significa che non è tenuta in considerazione e quindi ci si può permettere di fare come si vuole).

E come si fa a stare nella scena senza essere visti (inquinare la scena) essere veloci e avere un risultato tecnico apprezzabile?

In primo luogo bisogna essere attenti e non distratti. “guardare” ciò che succede intorno, perché le cose accadono, bisogna vederle quando accadono.
Quando nacque la street photography c’erano molti limiti legati al mezzo e quindi bisognava avere delle impostazioni limite che potevano garantire un risultato (senza poterlo apprezzare da un lcd). Entra in gioco l’iperfocale.

L’iperfocale non è nulla di più che un calcolo matematico da fare sulla propria ottica tenendo conto della distanza in cui si trovano i soggetti da immortalare.

Nasce così uno standard (che ci fa capire anche il perché di certe focali) che a 28mm ci permette di fotografare soggetti a fuoco che rientrano all’interno di una distanza ben definita che va dai 2,5mt ai 4,5 mt.
Le macchine fotografiche venivano quindi impostate in modo tale da non dover curare la messa fuoco dei soggetti ogni volta: 1/125 – F8 – 400ASA.

Per poter calcolare il valore di iperfocale, oggi, ci sono molti siti e addirittura delle app da poter consultare sul vostro smartphone anche in base a marca e modello del vostro corpo macchina e della vostra ottica. Un esempio valido è questo o questo.

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Immagine di Matt Stuart

Una volta impostata la vostra attrezzatura dovete solo inquadrare e fare click quando è il momento.

Molte favole si leggono sulla street photography, oltre a quelle che attribuiscono a molti grandi della fotografia la nascita di questo genere. Qui possiamo sbizzarrirci su internet come vogliamo ma la storia della fotografia è un qualcosa di ben definito che è passato e quindi quasi certificabile.

Quello che vi consiglio di leggere per sapere come sono andate veramente le cose è questo.

Se volessimo dare una definizione al genere, senza andare a scomodare quella riportata in wikipedia (che di suo ha molte falle) allora potremmo affidarci alla sana e leggera visione di Tano D’Amico, che con le sue parole inquadra perfettamente il senso di tutto:

La fotografia di strada divide quelli che fanno questo lavoro. Divide non unisce.
La strada impone scelte rapide, schieramenti scomodi.
A stare per strada con coscienza si deludono molte persone a noi prima vicine e siamo delusi da molte persone a noi prima vicine.
La fotografia di strada è difficile e quando non capita niente è come cercare di fotografare, fissare il tempo che passa, uno sguardo, un gesto, un comporsi inconscio di persone ed ombre.
Cosa succede? Niente! Sta solo passando la vita!”

Ecco! Ritengo sia una sintesi perfetta.

E se dovete affidarvi a dei testi, credo che l’unico vero testo che può sciogliere un bel po di dubbi (e magari riportarvi sulla retta via) è quello scritto da Joel MeyerowitzColin Westerbeck.
BUYSTANDER: A history of street photography. “Una” storia della Street Photography. Cioè quello che potrebbe essere, ma della quale non si ha certezza.
Il testo comunque è stato adottato anche dalle varie università di fotografia, quindi verosimilmente il più completo e preciso.

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Mentre il passato potete leggerlo, quelli che sono gli esponenti illustri e che ancora oggi allietano la nostra vista con le loro immagini sono (una piccola parte a solo scopo indicativo ma non esaustivo) sicuramente: Elliott Erwitt, Bruce Gilden, Matt Stuart, Eric Kim, Boogie, Bruce Davidson, Jill Freedman, Rebecca Lepkoff, Mary Ellen Mark, Jeff Mermelstein, Joel Meyerowitz, Martha Cooper, Jamel Shabazz, Clayton Patterson, Ricky Powell, Max Kozloff, Luc Sante.

Introduco a questo punto la versione nuova, del 2017. Dove c’è l’introduzione della sezione “fotografi digitali” che serve esclusivamente per dare una connotazione ai contemporanei.
Ne parlo precisamente QUI!

A tal proposito, per capirci di più qualcosa, ma seriamente, consigliamo la visione di EVERYBODY STREET, un film del 2013, di Cheryll Dunn (prodotto da Lucy Cooper).

Molti sono i canali internet che permetto di avere una visione abbastanza approfondita e veritiera del genere fotografico più professato, ma altrettanto più sbagliato.

Tra i principali ricordiamo IN-PUBLIC, dove è possibile seguire le nuove leve del genere con immagini veramente incredibili.  STREET-PHOTOGRAPHER, canale storico dove si possono leggere anche molti articoli interessanti, oltre che guardare immagini.

C’è anche una pubblicazione molto semplice e ben fatta di James MaherI fondamenti della street photography – tradotto anche in italiano da un paio di anni.

Già: e l’Italia?
L’Italia storicamente non ha una cultura street anche se molti autori nel corso della loro carriera hanno realizzato alcune immagini di valore molto forte per il genere.
Attualmente qualcosa si sta muovendo, ma in varie direzioni, un po’ scoordinate. Anche grazie (o per colpa) della veicolazione di molte immagini che potenzialmente possono essere street ma non hanno una diretta discendenza dai canoni estetici e compositivi di cui sopra. Allora i paletti di abbattono ed il contenitore si rimpolpa.

Nell’era contemporanea ci sono però realtà da osservare con interesse.
È doveroso citare il Gruppo MIGNON (il primo storicamente) e poi quello che secondo me è un vero riferimento, SPONTANEA, creato da Umberto Verdoliva.

Insomma, si trova tutto, per tutti i gusti. Ma prima di dire che avete scattato una foto di street, informatevi. Magari c’è ancora qualcosa da tarare prima che la vostra foto sia street.

Foto di copertina: Jamel Shabazz

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