In perfetta linea con le aspettative, il mio ultimo post dal titolo (e forse anche il contenuto) abbastanza categorico, ho raggiunto tutte le figure interessate, andando a solleticare la suscettibilità di chi “crede di sapere ma in realtà non sa” e riscuotendo consensi da chi si avvicina alla fotografia con il giusto spirito e da parte dei “fotografi”.
Visti i commenti ricevuti in ECCO PERCHÉ NON SARAI MAI UN FOTOGRAFO ne approfitto per anticipare di una settimana la pubblicazione e tratto la questione della scelta da effettuare tra bianco e nero e colore.
A differenza di quanto percepito dai più, la mia considerazione sulla scelta cromatica non è da ricercare nelle radici della pellicola e l’attuale tecnologia digitale, ma nelle regole della composizione e nel linguaggio.
Perché la scelta dell’utilizzo del bianco e nero o del colore va fatta a monte dello scatto e non a valle?
La scelta è da ricondurre alle regole della composizione che non si limitano solo all’equilibrio ma alla ritmica, agli elementi, ai livelli e di conseguenza alle cromie. La scelta dell’utilizzo del colore o del bianco e nero è da ricondurre ad una pellicola, da utilizzare fino a fine rullo.
Se è vero che lo scatto si vede prima e la scelta della scena non è causale, anche la resa cromatica è da ricercare in quello che si vede prima.
Per rendere più fruibile quello che intendo mi sono affidato a due immagini realizzate da tre grandi maestri del colore, che hanno fatto del colore il loro linguaggio: Alex Webb, Joel Meyerowitz e William Eggleston.
In questi tre esempi ho preso delle immagini realizzate da Webb, Meyerowitz e Eggleston e le ho convertite in bianco e nero (con le mie più immense scuse per aver reso le loro immagini inguardabili) per vedere cosa succede al loro interno, alla loro composizione e quindi al loro risultato finale.
Non ho fatto nulla di più che desaturare i colori, senza andare a fare nessun’altra modifica su nessun livello.
Nel primo esempio analizziamo l’immagine di Alex Webb in doppia cornice tratta dal libro “the suffering of light”:
Si tratta di un’immagine che, chi ha una discreta conoscenza fotografica ha visto, ha trattato e sulla quale ha fatto l’analisi dei contenuti e ne conosce l’utilizzo dei piani da parte di Webb e del come lo stesso autore utilizzi i colori per equilibrare la scena e/o esaltare il soggetto.
L’effetto che avrebbe avuto questa scena, in bianco e nero, sarebbe stato questo:
È abbastanza evidente che la forza dell’immagine decade lasciando solo spazio alla composizione. Ovviamente l’immagine rimane comunque ben composta e una “buona immagine”, ma perde forza e carattere oltre che piacere.
Passo ora ad un’immagine di William Eggleston (The Red Ceiling). Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un’immagine realizzata utilizzando nel linguaggio, principalmente il colore, per poi scegliere la scena e la relativa composizione.
L’evidenza della scelta del colore non lascia spazio a dubbi: Eggleston ha scelto la scena da riprendere in primis per il colore e successivamente per il contenuto.
Convertendola in bianco e nero, il risultato ottenuto è questo:
Tralasciando il fatto che lo studio fotografico di Eggleston, tranne un breve periodo introduttivo, gira intorno al colore ed alla ricerca dello stesso, salta all’occhio che la forza dei contenuti viene a mancare trovandoci di fatto a guardare un’immagine decurtata del suo elemento principale.
In ultimo una fotografia di Joel Meyerowitz, una delle sue più conosciute, se non forse la sua più conosciuta del suo periodo Street. New York City (1975).
Il gioco di luce e di colori valorizzano la composizione in maniera molto evidente facendo gioco forza su quelle che sono le caratteristiche principali della street photography: l’equivoco e l’evento.
Proviamo ora, anche in questo caso ad immaginare come sarebbe stata questa immagine se fosse stata ripresa in bianco e nero:
L’evento ovviamente rimane, ma viene a decadere l’equivoco da ricondurre ai colori dei cappotti dei soggetti ed il colore del fabbricato. Quindi con una certa evidenza si può asserire che la scelta del colore non è affatto stata casuale da parte degli autori.
E con altrettanta certezza, non si sarebbero mai sognati di mettere a confronto le due immagini (una a colori e l’altra in bianco e nero) dopo averle stampate per scegliere quale tenere perché funzionava meglio.
La famosa domanda, che si legge spesso sulla scelta postuma dell’elemento cromatico, non lascia spazio a dubbi sul fatto che l’autore dell’immagine non ha scelto il bilanciamento della scena tenendo conto della luce e del colore in fase di ripresa ma si affida alla scelta postuma solo per cercare di recuperare un qualcosa che, con un minimo di attenzione, avrebbe già funzionato.
Alex Webb ha scattato in digitale (quindi ha avuto la stessa possibilità di scegliere in fase di sviluppo se usare il colore oppure il bianco e nero), William Eggleston ha studiato il colore ed ha scelto di usare solo quello, Joel Meyerowitz ha scelto come comporre con il colore per comporre.
Tutto questo vale ovviamente per un lavoro progettato e per un portfolio che, devono linearmente avere una scelta fatta a monte che fa parte del linguaggio e deve essere tenuta in linea su tutto il lavoro svolto, fino al confezionamento del prodotto finito.
Il colore, oppure il bianco e nero, vanno scelti prima, quando si visualizza l’immagine, prima di scattare, il bianco e nero non si vira per drammatizzare una scena (che può anche non esserlo) o per recuperare un errore commesso.
[le immagini utilizzate sono di proprietà dei diretti possessori dei diritti e vengono utilizzate in questo articolo al solo scopo didattico e divulgate in quanto esempi, così come previsto dalle leggi sui diritti d’autore]
Il concetto,se così si può dire,di scegliere (o meglio ancora decidere) di scattare in bianco e nero o a colori per molti è quasi sconosciuto !
Mi trovi pienamente d’accordo Sebastiano. Ma sai, poi se parli troppo schiettamente vai a toccare la suscettibilità delle persone e risulti essere saccente!
scattare a colori o in Bianco e nero, come fai notare, è una scelta compositiva. purtroppo nell’era moderna si è abituati ad applicare il bianco e nero , paradossalmente per la street ph.(parlo ovviamente di appassionati o neofiti) , perchè spesso l’impatto è maggiore, non è il bianco e nero di maggior impatto , ovviamente , ma elimina tutta una serie di scelte compositive di difficile natura dovuta al colore che se male applicate diminuiscono l’impatto visivo, per come la vedo io il colore è la terza dimensione dell’informazione di un elemento bidimensionale e difficilmente si è coscienti di questo, bisogna saperlo utilizzare e non è cosa facile.
in un contesto di scatto rapido come la street gestire meno elementi torna comodo.
Io credo che per un approccio rapido, schematico e istintivo il bianco e nero abbia una marcia in più. nel caso si voglia usare il colore, l’approccio deve essere molto più ponderato, cauto e valutato, diciamo che la scelta dello scenario diventa molto più meticolosa.
non è meglio , scattare in bianco e nero o a colori l’importante è leggere la scena o a colori o in bianco e nero prima di scattare , farlo in post produzione significa mettere una pezza ad un idea non maturata, e non è un errore è un processo di crescita, capire anche cosa andava fatto sul campo analizzando a posteriori una foto ci da la possibilità di crescere e sperimentare poi sul campo.
é incredibile come dietro un immagine ci sia talmente cultura e margine di crescita continua.
Il mio consiglio comunque è : scattare in bianco e nero fino a padroneggiare istintivamente la composizione su quel livello e dopo passare allo studio dei colori che poggeranno su basi già solide. è una lunga strada da percorrere.
Un altro consiglio che posso dare in campo fotografico e non paragonare mai le proprie foto con quelle di fotografi qualsiasi ma sempre con i grandi fotografi, quasi sicuramente non si arriverà mai a quei livelli espressivi e tecnici ma puntando in alto , mettendo i propri obiettivi al vertice se non si raggiungono ma se ne ottiene la metà sarà comunque un risultato eccezionale rispetto a centrare piccoli obiettivi.
Questa è la crescita costante.
Grazie Alessandro del tuo intervento.
Rafforza quanto scritto e quanto sia importante vedere a colori o in bianco e nero. Ma bisogna farlo prima.
Come fai notare giustamente, oggi si utilizza per dare un impatto maggiore.
Personalmente invece credo che sia solo e semplicemente una scelta per coprire le magagne che in realtà farebbero capire alle flotte di like che in realtà non sanno fare nulla!
E lo dimostra (al di la della famosa domanda “meglio a colori o in bianco e nero”) la presenza sempre più massiccia di dichiarazioni aperte con degli apparentemente innocui “ne ho anche una versione a colori…”
Sono d’accordo che sia una scelta narrativa e che quindi vada affrontata a monte dello scatto, però quanti si avvicinano oggi alla fotografia hanno la capacità di vedere in bianco e nero? Da cosa nasce questa capacità? Come si coltiva?
Ci si arriva con lo studio, la cultura e il tempo. La fotografia va coltivata e alcune dinamiche vengono mentre ci si addentra.
L’errore non è nel porsi la domanda, che è lecita. L’errore è quello di fare la domanda agli altri, ponendo di fronte ad una scelta personale qualcosa che diventa di altri.
Inoltre, se sai comporre sai dare anche il giusto peso alle cromie, base fondamentale oltre agli elementi che vanno a realizzare il contenuto.
Spero di averti dato qualche elemento in più sul punto di vista.
Assolutamente d’accordo. su tutta la linea. Un saluto e ai prossimi workshop!