Ogni immagine ha la sua destinazione d’uso e per ogni destinazione d’uso esistono regole scritte e non che ne determinano, oltre al piacere visivo, la sua bontà.
Se ne parla oramai da sempre e ci sono anche trattati sui limiti da non oltrepassare per rimanere all’interno di un contesto.
Parlando di fotografia giornalistica è molto più semplice andare a cadere in questioni etiche che possono compromettere la scena e quindi la notizia stessa.
Ho quindi fatto una ricerca reperendo quelli che sono stati i casi eclatanti di “manipolazione d’immagine” a livello invasivo o di quelle immagini che per qualche motivo non hanno rispettato le regole e che quindi palesemente andavano a compromettere il pensiero etico di chi le ha realizzate.
La prima traccia che ho trovato è quella di Brian Walski (2003) foto realizzata per il Los Angeles Times. La foto pubblicata è stata ricavata mettendo insieme due scene di due fotogrammi differenti.

Passa qualche anno, ma nemmeno tanti, e ci troviamo di fronte all’immagine di Adnan Hajj (2006) che per enfatizzare l’immagine ha aumentato la quantità di fumo generato dallo scoppio di un missile in Israele.

Sempre nello stesso anno ci pensa Patrick Schneider (2006) ad entrare nella classifica delle grandi manipolazioni fotogiornalistiche, con l’immagine del pompiere in azione che romanticamente viene invaso da una calda luce del sole creando una silhouette perfetta.

Nel caso di José Luis Rodriguez (2009) non ci troviamo di fronte ad una manipolazione d’immagine, ma entriamo nell’etica del racconto in quanto nella descrizione dell’immagine (vincitrice del Concorso Veolia Environnement Wildlife Photographer of the year) lo stesso aveva dichiarato che si trattava di un lupo in via di estinzione che aveva appostato per mesi.

Ancora lo stesso anno, ma per ragioni di “mano pesante”, a Klavs Bo Christensen (2009) viene revocato il premio Picture of the year per eccesso di postproduzione.

Siamo alla volta di un fotografo italiano, di Contrasto, Francesco Cocco (2010) che ra realizzato una immagine facendo un collage da più foto creando così una “processione di donne” afgane dalla stessa donna ripresa in più momenti.

A Stepan Rudik (2010) viene revocato dalla giuria il Worldpress Photo per aver cancellato un elemento di disturbo all’interno del fotogramma, ritenuto per la giuria un atto di modifica della scena.

Altro italiano, Francesco Romeo (2012), si è visto revocare il premio National Geographic in quanto, nella scheda di partecipazione alla categoria JUNIOR ha dichiarato il falso sulla sua età cronologica.

L’eccesso di mano calcata in postproduzione colpisce anche Henry Fisch (2013) che si è visto revocare il premio National Geographic per aver cancellato elementi ritenuti importanti ed aver cambiato anche troppo le luci dell’immagine stessa.

Il giovane premio WRA del Festival della Fotografia Etica, assegnato in prima battuta alla fotografa Liz Hingley (2013) le è stato poi in seguito revocato perché le motivazioni di realizzo date in sede di consegna alla giuria non avevano convinto ed alla richiesta dei negativi originali per verifica (come previsto da regolamento), la stessa fotografa non aveva mai ottemperato.

Altra vicenda legata all’età anagrafica del fotografo Borhan Mardani (2014) che con un controllo incrociato ha fatto evidenziare la mancanza di requisiti d’età per la categoria alla quale aveva partecipato al Sony World Photography Awards.

Per ultimo (ma credo fermamente che non sarà l’ultimo) l’eclatante caso di Narciso Contreras (2014) che è stato addirittura licenziato dall’Agenzia AP per aver ritoccato una immagine realizzta in Siria, cancellando la videocamera di un altro giornalista in loco, facendo passare il messaggio di essere stato solo sulla scena ripresa.

O per un motivo, o per un altro, sicuramente i casi trattati qui sopra hanno avuto risvolti negativi, lasciando la porta aperta del dubbio, sia della scena ripresa ma anche principalmente del valore etico del fotografo che ha realizzato il lavoro.
Forse non è il caso di chiedersi se la notizia quindi risultasse reale, ma di sicuro c’è da porsi delle domande nei confronti del mondo fotografico che per la sua iperbolica velocità di evoluzione (o meglio “involuzione”) porta a fare delle scelte che in altri tempi ed ambiti, probabilmente, sarebbero stati differenti.