La fotografia, nata a metà del diciannovesimo secolo, diventa nel ventesimo secolo una delle discipline protagoniste non solo delle arti visive bensì di tutta la cosiddetta “civiltà delle immagini”, testimoniandone le trasformazioni culturali. Essa si impone in primo luogo come un’imprescindibile fonte di informazione per poi aprirsi progressivamente a indagini più profonde sui significati ultimi dei mutamenti in atto, diventando a pieno titolo -e con una consapevolezza e concretezza che le è propria- ricerca artistica tout court.
Photo20esimo documenta l’appassionante evoluzione del linguaggio fotografico attraverso oltre trecento opere -provenienti da una collezione privata- di grandi maestri quali Diane Arbus, Cecil Beaton, Brassaï, Robert Doisneau, Walker Evans, Robert Frank, Mario Giacomelli, André Kertész, László Moholy-Nagy, Helmut Newton, Robert Mapplethorpe, Irving Penn, Man Ray, Alexander Rodchenko, Thomas Ruff, Andres Serrano, Cindy Sherman, Edward Steichen e altri ancora.
La mostra si propone come un omaggio al ruolo di testimone della storia e strumento creativo che la fotografia ha saputo interpretare; un’espressione artistica che ancora sa essere sincera e fedele testimonianza del nostro passato così come cangiante e illusoria interprete della fantasia dei suoi protagonisti. Fotografi testimoni della storia, cacciatori di emozioni e inventori di nuove forme creative; custodi del dinamismo che ingabbiano con i loro scatti il flusso costante del divenire.
Il percorso espositivo, articolato in otto sezioni dedicate ai principali generi fotografici, costituisce un viaggio affascinante attraverso un’arte che è stata protagonista del Novecento: dalle sperimentazioni degli artisti del Bauhaus ai reportage di guerra di Robert Capa e Don McCullin, dai ritratti di Richard Avedon e Nan Goldin ai paesaggi di Andreas Feininger e Mimmo Jodice, dalle ricerche sul corpo di Bill Brandt e Robert Mapplethorpe alle nature morte di Albert Renger-Patzsch e Edward Weston.
Tematiche affrontate
ASTRAZIONE
A dispetto della sua la sua pretesa natura di medium votato alla rappresentazione naturalistica e oggettiva del mondo, è proprio nell’allontanamento dalla realtà esteriore delle cose e, paradossalmente, nella rinuncia consapevole alla denotazione delle immagini-documento, che la fotografia riconosce, svela ed esalta le sue specificità linguistiche, superando l’antico pesante pregiudizio della sua meccanicità e aprendosi definitivamente la strada tra le altre diverse arti.
RITRATTO
Il ritratto richiama a una complessità stratificata, a una tessitura di significati che travalicano una semplice verosimiglianza che farebbe della fotografia – per la prima volta nella storia – un linguaggio meccanicamente, scientificamente e quindi ipoteticamente incapace di mentire.
Punto d’incontro, di aspirazioni e speranza, di ruoli e posizioni sociali che trascendono l’individuo per approdare al concetto di identità, nonché di precarietà dell’esistenza umana, in quanto, come ricorda Roland Barthes in La camera chiara, ogni fotografia è legata a “ciò che è stato”, e quindi, indissolubilmente, alla morte.
Nel Novecento, da un lato liberamente sperimentato dalle avanguardie, dall’altro diffuso con la democratizzazione del mezzo fotografico, il ritratto occupa una posizione di rilevo nell’evoluzione del linguaggio fotografico come dimostrano gli scatti realizzati da autori quali Duane Michals, Roman Vishniac, Eugene William Smith, Richard Avedon, Eikoh Hosoe, Nan Golden e altri ancora.
ARTE E ARTISTI
Nel ritratto, soprattutto quando il soggetto è un artista, il fotografo ricorre spesso alla risorsa della spontaneità della ripresa realizzata lontano dal chiuso delle sale di posa, in contesti ambientali quotidiani o addirittura in situazioni improvvisate che dicono qualcosa di vero sulla personalità, sul modo di vivere, sul carattere di chi in tal modo ci racconta qualcosa di più del suo aspetto fisico. Picasso – senza pennello – mentre pensa (Newman); Mulas che va nello studio di Robert Morris e condivide con noi il provino della sequenza degli scatti; Vishniac che coglie Chagall in una antiposa; e la danza improvvisata da Fellini per Secchiaroli. Vi è chi ricorre all’ironia ed al piacere della condivisione di un momento lieto e di distensione, lontano dal palcoscenico, come i felici retroscena cinematografici di Loren-Totò, Magnani-Quinn. Occhio indiscreto e complice del rapporto tra pubblico e divo, oggi, più in generale, la fotografia rappresenta a pieno titolo la continua invasione di campo tra pubblico e privato, tra società dello spettacolo e quotidianità senza slanci, offuscata dal fascino della “polvere di stelle”.
CORPO
L’attenzione spasmodica che è stata rivolta al nudo ci porta talvolta a dimenticare che la rappresentazione fotografica dei corpi umani tocca molti altri generi e situazioni.
Tramite la fotografia, gli artisti rinnovano la loro lunga love story con il corpo e recuperano il significato originale dello studio sia figurativo sia psicologico dell’essere umano, ripescando e ricreando il piacere di improvvisare le sperimentazioni, le distorsioni, le inquadrature imprevedibili che l’unione fra fantasia e tecnica riescono a raggiungere.
PAESAGGIO
Nel paesaggio i fotografi di ricerca sentono un bisogno diffuso e condiviso di riconquistare uno sguardo autentico, al limite persino innocente ma dotato dell’acume dell’onestà o del piacere del sogno, rispetto all’ambiente in cui viviamo immersi e da cui siamo inconsapevolmente modellati anche psicologicamente. Più in generale, in questo capitolo si rivela appieno anche il modo in cui il colore interviene ad arricchire in modi diversi e significativi la rappresentazione della realtà.
REPORTAGE
Il reportage affianca l’assolutamente irripetibile alla ripetizione ordinaria, sovrappone la dimensione feriale all’appuntamento con la storia, il rumore della vita al silenzio della morte, l’istante rubato alla forma del sacro. L’esperienza fotogiornalistica sintetizza la fotografia degli inconciliabili opposti, mette assieme l’improbabilità profetizzata da Cartier-Bresson del “momento decisivo” e l’istante anonimo, lo scarto estetico dell’occhio e la vita che batte più forte del normale.
STILL LIFE
Dato che le caratteristiche del mezzo non consentivano la ripresa del movimento per i lunghi tempi di posa, gli oggetti furono i primi a essere ripresi e quindi la natura morta costituisce, più per necessità che per scelta, uno dei primi “generi” della storia della fotografia. Gli oggetti diventano protagonisti, mostrandosi per sé stessi al di là della loro funzione, mettendo in evidenza la stretta coincidenza tra il “genere” della natura morta e i meccanismi stessi della rappresentazione fotografica. Nello still life la fotografia mette a fuoco il frammento, il dettaglio, ciò che sembra marginale nello spazio e nel tempo, e che invece, estratto, rivela tutto il suo potere significante ed evocativo.
MODA
L’etica della bellezza trova le sue sponde ideali nella moda e nella fotografia, conciliando flusso e interruzione del flusso, effimero e permanente, transitorio ed eterno. Fotografia e moda giocano costantemente sul crinale dei due poli, violandolo, aprendo nuove frontiere alla sperimentazione dell’essere sociale.
Bianco e nero, come scena e retroscena, con le loro continue interferenze, consentono di rintracciare lungo il corso del Novecento, abiti, volti, corpi, sfondi ora perfetti e levigati, talvolta raggrinziti e imperfetti; consentono di descrivere e analizzare un’incerta geografia del gusto che oscilla tra bellezze splendenti e dettagli cruenti, che mescola banale e sublime, che attraverso l’estasi della cultura simulacrale della tarda modernità ci racconta molto più del nostro mondo, dei suoi drammi e delle
sue bellezze.
Informazioni
Museo d’Arte
Riva Caccia 5 – 6900 Lugano
Tel: +41 (0)58 866 7214
Fax: +41 (0)58 866 7497
e-mail: info.mda@lugano.ch
http://www.mda.lugano.ch
Tuesday-Sunday 10 a.m.-6p.m.
Monday closed
Adults Fr. 12 / € 8
AVS, over 65 years, groups
and students up to 25 years Fr. 8 / € 5
Children up to 16 years Fr. 0 / € 0
molto interessante, se passo per Lugano verrò a vederla…