Benché oramai ci si porti sempre più alla massificazione, con attivazioni quasi quotidiane di canali, strumenti, autori e tutto quanto più possa far parlare della fotografia di strada, questo apparente trambusto genera una duale visione.

Mi sono imbattuto in questo articolo su MEDIUM del 2017 (si non freschissimo, ma abbastanza attuale nella sua sintesi) di Nick Turpin. Mi ha colpito molto l’apertura:

“Perché è importante dare una definizione di Street Photography e perché potremmo aver bisogno di una nuova definizione.
Street Photography è un’espressione che persino molti praticanti di Street Photography detestano. Pur descrivendo superficialmente dove vengono realizzate la maggior parte delle fotografie di strada, fallisce spettacolarmente nel trasmettere gli aspetti più importanti dell’approccio.”

Credo sia un punto cruciale. Il fallimento è di sicuro legato all’idea che ci sia una semplicità nel prendere tra le mani la macchina fotografica e andare in giro a fotografare. Ma di certo un altro fallimento è quello di puntare sul formalismo estetico, senza tenere di conto che la fotografia di strada si basa fortemente sulla documentazione.

La crescita massiccia e la diffusione della Street Photography sono state alimentate dalla rivoluzione digitale in due modi, la disponibilità di fotocamere economiche di alta qualità e l’evoluzione delle piattaforme e delle app di condivisione delle immagini. Il punto di ingresso per gli Street Photographer è ora molto basso, il che, come tutti devono concordare, è una buona cosa.

Qui dovremmo fare i conti con una duplice idea che convive. Onestamente questa cosa che il digitale abbia aperto porte non mi trova d’accordo. Sappiamo bene che la massificazione è una operazione nata molto prima. Ci basiamo sulla grande operazione di George Eastman che ha reso disponibile a un prezzo popolare l’opportunità di fotografarsi. WE DO THE REST rimane il vero manifesto dell’inizio del ‘900.

Ma usciamo da questa diatriba che non porta a nulla. Di fatto ancora i sostenitori a spada tratta della “vera” fotografia sono li a trastullarsi con questa idea che il digitale li abbia tagliati fuori. In realtà non hanno fatto nulla per cavalcare il tempo, che nonostante le lotte contro i mulini a vento va avanti.

Quello che invece diventa interessante è questa volontà che ha Nick di creare una NUOVA definizione di fotografia di strada.
Questo spinto da questa noia mortale che si propaga intorno alla street photography. Che condivido fortemente!

#CANPUBPHOTO

Un progetto che suona di manifesto. Quanto meno per la volontà di dare un indirizzo ben preciso alle fotografie intese come street.
Un po’ come quando IN-PUBLIC ha diviso in due cardini della questione. Ne parlai qui.

“Mi sembra che il termine Street Photography ci deluda in una certa misura, non riesce a identificare gli aspetti chiave della nostra pratica, vale a dire che il lavoro è scattato senza intervento umano, è realizzato in un luogo pubblico (non necessariamente la strada) ed è una fotografia, disegnata con la luce e non con un computer a posteriori.”

Non mi senti di appoggiare in toto questa decisione, quanto meno perché la candid è solo una parte, tra l’altro nemmeno massiva, del genere e la conformazione estetica e funzionale del contenuto non giustifica la volontà di estromettere tutto quanto il tempo porta avanti con ricerca e stati evolutivi.

Ora, non sappiamo realmente cosa stiamo osservando, a meno che il fotografo non abbia ben chiaro il suo lavoro e le sue intenzioni.
Questo mi porta al motivo dell’iniziativa #CANPUBPHOTO e al mio suggerimento che coloro che se ne interessano utilizzino una frase descrittiva più accurata per il loro lavoro osservato: Candid Public Photography , per dichiarare in modo inequivocabile le loro intenzioni di fotografi e far sapere al resto di noi esattamente cosa stiamo guardando. L’ambiguità è per gli artisti, non per i documentaristi.

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