“Come colmare il divario tra politica e arte? Questo è un problema vecchio e nuovo”.

È quello che scrive Takuma Nakahira nella postfazione del primo numero di PROVOKE.

Di cosa si tratta? Da dove arriva? Perché è importante per la storia della fotografia e dovrebbe esserlo per noi che oggi la viviamo?

Furono anni turbolenti per la politica e per la società, ovunque nel mondo. Nel 1968 e 1969 il mondo stava cambiando e la presa di coscienza colpì tutti.

Le rivolte del maggio 1968 a Parigi; l’assassinio di Martin Luther King Jr e le proteste anti-Vietnam negli Stati Uniti; la fine della Primavera di Praga. 

In Giappone, il 1968 fu l’anno in cui una serie di violente rivolte studentesche costrinsero molte delle migliori università a chiudere.

In contemporanea nasce PROVOKE, una rivista indipendente, guidata da alcuni dei più noti fotografi e critici d’arte giapponesi, tra cui Takuma Nakahira, Koji Taki e Daido Moriyama (unitosi in seguito, non dal primo momento).

La rivista nasce dalla rabbia e dal malcontento che provavano nei confronti del mondo del dopoguerra. 

Sebbene sia sopravvissuto solo a tre numeri e sia stato criticato all’epoca, è ora ampiamente riconosciuto come una pubblicazione innovativa nella storia della fotografia giapponese contemporanea, tanto da renderlo introvabile e nel caso acquistabile a prezzi esorbitanti. 

La rivista, presentata con il sottotitolo “materiali provocatori per il pensiero”, ha scosso il mondo dell’arte con le sue immagini in bianco e nero “ are, bure, boke”  (“grezzo, mosso, sfocato”). 

PROVOKE sosteneva il pensiero indipendente, presentando fotografia e scrittura critica che cercavano di sfidare i suoi lettori a riconsiderare le convenzioni fotografiche esistenti durante un periodo politicamente e ideologicamente rivoluzionario.

Oltre alla fotografia, PROVOKE era un bacino molto folto di scrittura. C’erano al suo interno poesie sperimentali, saggi, sia politici che filosofici. 

I suoi membri fondatori furono il critico d’arte Koji Taki e il poeta Takahiko Okada, mentre per la fotografia erano Takuma Nakahira e Yutaka Takanashi. 

La rivista divenne famosa a livello anche internazionale per aver creato lo stile rivoluzionario della fotografia giapponese, che era in evidente contrasto (estetico e di contenuto) con le solite immagini in Giappone all’epoca. 

“Non era solo una tecnica”, afferma Kotaro Iizawa, storico dell’arte giapponese, “Era un modo per rappresentare la realtà che stavano vivendo”, spiega, “per i fotografi di PROVOKE, il mondo reale appariva esattamente così”.

“I semi gettati da PROVOKE sono germogliati in così tanti posti e le sue radici si sono espanse così ampiamente”, conclude Iizawa, “Dobbiamo riconoscere come lo spirito di PROVOKE sia stato tramandato alla prossima generazione di fotografi. Non solo in Giappone, ma anche nella storia della fotografia nel mondo”.

Il manifesto generale recitava, “Noi fotografi dobbiamo continuare a cogliere con i nostri occhi quei frammenti di realtà che non possono essere catturati con il linguaggio esistente, proponendo attivamente materiali contro il linguaggio e contro il pensiero”.

PROVOKE si sciolse nel 1969, ma i suoi membri continuarono a produrre lavori che ora sono riconosciuti a livello internazionale e nella storia della fotografia. 

Daido Moriyama, Takuma Nakahira e Yutaka Takanashi dopo pubblicarono (ognuno di loro indipendentemente) un libro fotografico negli anni ’70.

Il critico Gerry Badger ha definito queste tre pubblicazioni “non solo tre dei migliori libri fotografici giapponesi mai pubblicati, ma i tre migliori libri fotografici pubblicati in assoluto”.

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