La settimana è stata molto intensa e piena di fotografia, non realizzata.
Ma questa è un’altra storia, che forse presto vi racconterò!

Stamattina mi sono svegliato e come tutte le mattine, da bravo napoletano, la prima cosa che ho fatto è stata quella di preparare la moka, per poi proseguire con una routine cadenzata come un orologio svizzero.
Tra queste cose c’è la costante di SkyTg24 per sapere cosa è successo di nuovo nel mondo.

Accendo la tv e la prima cosa che viene fuori è SkyCinema, con li pronto SMOKE, un film del 1995, diretto da Wayne Wang, scritto e co-diretto da Paul Auster con William Hunt e Harvey Keitel.

La cosa che mi ha colpito però è la scena che era in visione all’accensione della tv. La scena della fotografia. Che si lega molto con anche la bellissima conversazione avuta ieri pomeriggio con un collega che all’epoca in cui l’ho conosciuto fu il mio maestro, ed ancora oggi continua ad insegnarmi tanto.

Parlavamo di fotografia, di differenza tra analogico e digitale, immagine e fotografia.
Quella sottile linea che non ha alcun senso di esistere se la produzione di un fotografo verge verso una o l’altra parte.

Tra l’altro viene fuori un aforisma di Olivo Barbieri (autore italiano contemporaneo secondo entrambe uno dei più grandi del panorama mondiale) che molto semplicemente recita:
“Un’Immagine non è altro che una fotografia che ce l’ha fatta!”
Non lo trovate incredibile?

Ma torniamo al film ed alla scena della fotografia. La conoscete? Conoscete il film?
È questa qui:

Vedo e rivedo questa scena da quando ho scoperto questo film, circa un anno dopo dalla sua uscita e rifletto ogni volta sul suo contenuto e sulla forza del dialogo tra Paul e Auggie:

PAUL: È chiuso?
AUGGIE: Hai finito gli Schimmelpennincks?
PAUL: Ne potrei comprare un paio prima che te ne vada?
AUGGIE: Ma certo! Non devo andare all’opera o al club.
PAUL: Qualcuno ha dimenticato la macchina fotografica.
AUGGIE: Sì, io.
PAUL: È tua?
AUGGIE: Sì, proprio mia. Ce l’ho da un sacco di tempo, questa scatoletta.
PAUL: Non sapevo che eri un fotografo.
AUGGIE: Oddio, diciamo che è un hobby. Appena cinque minuti al giorno, ma… lo faccio ogni giorno. Con il sole e con la pioggia. Un po’ come il postino, eh, eh!
PAUL: Allora non sei soltanto uno che mette i soldi in cassa.
AUGGIE: Beh, la gente mi vede così, ma… non è detto che io sia così.
PAUL: Sono tutte uguali.
AUGGIE: È vero. Quattromila fotografie dello stesso posto, l’angolo tra la Terza e la Settima, alle otto di mattina. Quattromila giorni con tutti i tipi di clima possibili. È per questo che non vado in vacanza, devo stare qui ogni mattina, alla stessa ora. Ogni mattina nello stesso posto alla stessa ora.
PAUL: Non ho mai visto niente del genere.
AUGGIE: È il mio progetto, quello che puoi chiamare il lavoro della mia vita.
PAUL: Pazzesco! Non sono sicuro di aver capito: insomma, come ti è venuta questa idea di fare questo progetto?
AUGGIE: Non lo so, mi è venuta. È il mio angolo, dopotutto. Sì, insomma, è una piccola parte del mondo, ma anche qui succedono delle cose, come in qualunque altra parte. È la documentazione del mio angolo.
PAUL: È un po’ ossessivo. Ah, ah!
AUGGIE: Non capirai mai se non vai più piano, amico mio.
PAUL: Cosa vuoi dire?
AUGGIE: Voglio dire che vai troppo veloce, non guardi neanche le foto.
PAUL: Ma… ma sono tutte uguali.
AUGGIE: Sono tutte uguali, ma ognuna è differente dall’altra. Ci sono delle mattine di sole, delle mattine buie, ci sono luci estive e luci autunnali. Giorni feriali e fine settimana. C’è gente con l’impermeabile e le galosce, e gente con la maglietta e i pantaloncini. Qualche volta la stessa gente, qualche volta differente. Qualche volta quelli differenti diventano uguali, e la stessa gente scompare. La Terra gira intorno al sole, e ogni giorno la luce del sole colpisce la Terra da un’angolazione differente.
PAUL: Più piano, eh?
AUGGIE: È quello che consiglio. Lo sai com’è: domani, domani, domani… Il tempo mantiene sempre il suo ritmo.

Mi piacerebbe si riflettesse su questo dialogo, sul senso che può avere la fotografia e su cosa si ottiene con i tempi giusti nel realizzare e nel guardare la fotografia. Così come si riflettesse sulle effettive differenze che differenze non sono tra la fotografia anlogica e la fotografia digitale.

Nulla sarà uguale, ma altrettanto nulla vorrà essere uguale.

3 risposte a “SEMBRANO UGUALI MA NON LO SONO”

  1. Bellissimo film, anche un altro sullo stesso “filo” è “COFFEE AND CIGARETTES” di Jarmusch, amo questo tipo di pellicole, la realtà che molto spesso nessuno vede.
    In questa scena si nota la “forza” della fotografia, che all’apparenza sembra banale, ma se ci fermiamo veramente ad osservare ogni scatto, poi può risultare invece emotivamente devastante.
    Ecco perchè dobbiamo osservare, una fotografia va studiata, non vista. Grazie. Buona giornata.

  2. Dopotutto sappiamo benissimo che le fotografie realizzate dai coniugi Becher non sono per niente tutte uguali. Se ci si ferma ad osservarle!
    Grazie per essere passato, e per avermi fatto tornare in mente questa altra grandissima pellicola!!!

  3. Ottimo spunto di riflessione … metto in agenda l’impegno a vedere questo film.
    Grazie

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